Lunedì

Sembrava un quadro giapponese, uno di quelli con affusolati rami in fiore che entrano prepotentemente nella tela da un lato. Così gli si presentò alla vista dalla finestra il suo mandorlo in fiore. Lo aveva piantato quando era nata, Maddalena. Era il 29 gennaio. Si stropicciò gli occhi e controllò nuovamente. Non era un sogno.

Maledetto anno bisesto! 

Martedì

Si mise alla scrivania ma non riusciva a concentrarsi. Da fuori si affacciavano grida festose. Sembrava che tutti i ragazzi del quartiere si fossero riuniti a giocare proprio di fronte all’ingresso. Spalancò la porta sperando che la sua mole scura sull’uscio li spaventasse facendoli scappare a gambe levate. Non fece in tempo a mettere fuori il naso che gli sfrecciò davanti Bruno.

«È scoppiata l’estate!» gli urlò addosso con stupida ilarità.

Mercoledì

La luce accecante del sole che entrava di sbieco dalla finestra disegnava un lungo cono d’ombra, proprio vicino alla libreria. E qualcuno ci si era nascosto.

«Maddalena sei tu?… Parlami se sei tu, ti prego…», bofonchiò sconsolato. Non insistette troppo, si sentiva come uno di quegli sprovveduti che si lasciano abbindolare da chi promette loro di metterli in contatto con i morti.

Giovedì

Da quando il mandorlo era fiorito, e con quello tutti gli alberi da frutto in città, aveva smesso di uscire. Per sfuggire il caldo viveva asserragliato in casa, al postino aveva detto di non sentirsi molto bene e di lasciare la corrispondenza sullo zerbino. Dal cono d’ombra che ormai campeggiava perennemente al lato della libreria qualcuno aveva preso a bisbigliare.  Nonostante prestasse la massima attenzione non capiva cosa dicessero. Due, tre, forse quattro voci una sull’altra, confuse come il fruscio di una stazione radio mal sintonizzata.

Venerdì

Bruno si presentò alla sua porta implorandolo di aprire. Non c’era più traccia dell’iniziale ilarità per quella primavera fuori stagione.

«C’è qualcosa che non va», esordì l’uomo.

«Certo che c’è. Siamo a gennaio e sembra fine maggio.»

Bruno scuoteva la testa, gli occhi erano lucidi, doveva aver pianto.

«Ma non andare a dirlo in giro è un commento da vecchi», provò a sdrammatizzare.

«Non è quello, è… mia moglie. Fa discorsi strani, parla con… qualcuno.»

Non ebbe bisogno di informarsi. Provò solo a rassicurarlo, senza troppa convinzione.

Sabato

Gli stormi zirlavano senza sosta e di notte frinivano le cicale. In strada alla luce del giorno non si vedeva più nessuno. Di Bruno non aveva notizie. Alle voci da dietro la libreria si erano aggiunte altre voci. Le percepiva distintamente: era un sussurrare ininterrotto, confuso, un’eco lontana. Provenivano attraverso i muri delle case, oltre gli usci socchiusi, dalle cucine linde che risplendevano alla luce del giorno.

Anche gli altri avevano iniziato a parlare con le Ombre.

Domenica

La città non sembrava più una città, ma una distesa senza fine di confessionali. Gli uomini mormoravano i loro peccati e le donne sgranavano rosari. Inspirò a pieni polmoni, inalando quel misterioso clima messianico. Le preghiere di tutti salivano al Cielo, imploranti:

che smettesse quella follia e tornasse l’inverno. Che la luce si smorzasse un po’, lasciando spazio di nuovo ad un buio senza ombre.

 

 

 

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