Considerando il titolo che ho scelto per questo post, la tecnologia Yoast SEO che regola questo blog pretende che nel primo paragrafo io citi la cucina. Ecco fatto, si tranquillizzi il sistema, ora però anche la mia creatività vuole la sua soddisfazione! Prima di affrontare una ricetta d’autore che mi è arrivata inaspettata voglio raccontarvi di chi me l’ha fatta conoscere, perché non si tratta di una persona qualunque ma di una donna straordinaria, Elsa de Giorgi.

La de Giorgi è stata tra le prime e più longeve dive italiane del cinema, ma soprattutto un’intellettuale a tutto tondo: colta e raffinata, ha recitato a teatro, scritto romanzi, intrattenuto intensi rapporti personali ed epistolari con i più importanti esponenti l’intellighenzia italiana del ‘900, quali Carlo Levi, Pierpaolo Pasolini, Moravia e Italo Calvino. Con quest’ultimo ha avuto una lunga relazione amorosa che nel dopoguerra suscitò molto scalpore essendo la de Giorgi sposata con il nobile Alessandro Contini Bonacossi (detto Sandrino). Di questo intensissimo rapporto “proibito” racconta nel libro Ho visto partire il tuo treno (Feltrinelli, 2017), memoir sugli anni in cui la de Giorgi fece la spola tra Roma, Firenze, Torino – dove Calvino abitava e lavorava – e la casa al mare a Caponero (vicino a San Remo).

Sfogliando le pagine di questo libro si incontrano intrecciate mirabilmente e mescolate con arte la piccola come la grande storia: si ripercorre la vicenda dell’incredibile collezione della Famiglia Contini Bonacossi che il marito di Elsa pare avrebbe voluto donare interamente allo Stato italiano mentre i fratelli volevano vendere sul mercato (sembra che fu per questa ragione insieme alla scoperta del tradimento di Elsa che Sandro sparì per anni senza più dare proprie notizie). Andò poi a finire che si trovò un compromesso e solo alcuni pezzi andarono allo Stato Italiano (oggi riempiono ben 8 sale degli Uffizi di Firenze); si scopre che proprio a quest’uomo scomparso nel nulla ma sempre presente nei pensieri e nei ricordi della de Giorgi che Calvino si ispirò per il personaggio del Cavaliere Inesistente, l’assenza della persona amata può condizionare più della sua presenza.

Vivere per una donna che considera la tua presenza provvisoria perché attende il ritorno di chi si è allontanato e sai che sarai tu a dover scomparire se lui torna è già vivere nella dimensione di un fantasma

E Calvino deve davvero tanto alla de Giorgi se come ci ricorda lei stessa la prima edizione della raccolta Fiabe Italiane reca in apertura la dedica “a Raggio di Sole”, che altro non è se non l’anagramma (con cambio lettera) appunto della sua amante; in Ho visto partire il tuo treno ci si trova faccia a faccia con una donna che deve essere stata un portento, Paola Olivetti (moglie di quell’Olivetti, nonché sorella di Natalia Ginzburg) che alla de Giorgi davanti a un caffè rimbotta:

Sei troppo bella per scrivere. Tu la vita la devi vivere…

E che dire di certe descrizioni ritrattistiche che l’autrice ci regala dei suoi amici scrittori?

La ruga che gli si imponeva tra gli occhi neri, mobili e attenti, conferiva una certa severità al viso stratto da uccello, troppo piccolo sul collo lungo e forte che lo sollevava

Insomma come in ogni capolavoro in questo libro si rimane sempre ammirati ed è come se ogni nostra passione, anche la più modesta e leggera, riesca a trovare una sua piccola soddisfazione. Almeno a me è capitato inaspettatamente quando mi sono imbattuto in una preziosa ricetta d’autore (in questo sito ne riporto diverse, tra cui il risotto alla milanese di Gadda o le sarde di Sciascia): nella prima interpretazione a teatro la de Giorgi interpreta Annette nella commedia di Alexandre Dumas, Francillon. In quest’opera – che prima della lettura del libro non conoscevo – c’è forse il più lungo e dettagliato dialogo mai scritto interamente dedicato a descrivere una ricetta culinaria. La de Giorgi la ricorda come un’insalata russa, in realtà è più nota come insalata giapponese o appunto Francillon. Fatto sta che questa insalata non è niente né di giapponese né di russo. Sotto il dialogo non completo, con una spiegazione al mistero della sua denominazione.

– Cuoci un po’ di patate in un court-bouillon, tagliate a fette come per una normale insalata, e mentre sono ancora calde condiscile con sale, pepe, olio d’oliva molto buono, aceto…

–  Dragoncello?

– Meglio Orléans, ma non è molto importante. Quello che è importante è mezzo bicchiere di vino bianco, Château Yquem, se possibile. Molte erbe tritate fini. Al tempo stesso cuoci alcuni grossi mitili in un court-bouillon con un gambo di sedano; scolali bene e aggiungili alle patate.
– Più patate che mitili?
– Il triplo. I mitili devono essere gustati a poco a poco, non bisogna sentirli subito, ma devono predominare. Quando l’insalata sarà pronta, mescolala un po’, coprila di fette rotonde di tartufo, una vera e propria calotte per l’intenditore.

– Cotto nello champagne?
– Non c’è bisogno di dirlo. Tutto questo due ore prima di cena, in modo da servire l’insalata ben fredda. È una combinazione squisitamente e tipicamente francese. Perché mai sia conosciuta col nome di insalata giapponese nessuno è mai stato capace di spiegarmelo

P.S. La Francillon l’ho preparata seguendo le indicazioni di Annette (nella foto di apertura di questo post). Se volete provare voi tenete conto che il vino per sfumare è un Sauternes (a volte erroneamente sul web si parla di Chablis), che il court-bouillon non è altro che un brodo ristretto di verdure che si prepara senza difficoltà armandosi solo di un poco di pazienza. E infine che potete condire il piatto con un po’ di maionese, magari stemperata in un po’ di acqua di cottura delle cozze.

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