Attendo tutto l’anno il numero speciale del New Yorker Travel and Food Issue. Non delude mai. Quest’anno il reportage su Steve Sando mi ha letteralmente rapito. Steve trascorre gran parte dell’anno viaggiando nelle regioni più remote del Messico alla ricerca di nuove varietà di fagioli. Se gli piacciono e se riesce a riprodurle nei propri terreni nella Napa Valley le commercializza in tutto il mondo attraverso la sua Rancho Gordo’s (www.ranchogordo.com).Più è rara la varietà che Steve Sandro scopre più facilmente se ne innamora.

Quello per i fagioli (un cibo – diciamolo! – che di solito suscita indifferenza quando non fastidio) è per me un innamoramento inaspettato. Eppure ha contagiato negli ultimi anni alcuni dei più importanti chef al mondo che hanno inserito un legume così modesto nei loro menu “stellatissimi” (è il caso di Thomas Keller, David Breeden, Enrique Olvera). Tutti concordano sul fatto che per esaltarne le caratteristiche i fagioli vanno cucinati nel modo più semplice possibile, evitando troppi ingredienti o condimenti. Semplicità non facile da apprezzare perché i fagioli sono un ingrediente che apparentemente non mantiene le promesse: tanto sono vari nella colorazione, nei disegni e nel profumo da freschi, quanto tendono ad assomigliarsi dopo essere cotti. È  forse per questo che probabilmente tendiamo a “mascherarne” il gusto attraverso ricette molto ricche e saporite (pasta e fagioli, chili,feijoada, fabada…)

Tra le varietà di fagioli più pregiate al mondo spicca quella di Sorana, un cannellino coltivato in Toscana, lungo il fiume Pescia, in alcuni specifici terreni. Una zona molto limitata, composta da una dozzina di terreni. A dar retta alla gente del posto quelli “veri” sarebbero addirittura solo quelli della sponda sinistra del fiume. Lo scrittore pistoiese, Emidio Frati nel libro Edenia (I Bagni di Montecatini) racconta che Gioachino Rossini ne fosse così goloso da “pretendere” che lo pagassero in fagioli di Sorana per un intervento di correzione di una partitura musicale del musicista di Pescia, Andrea Naldi.

Per onorare la semplicità ho deciso di riportare una ricetta-raccomandazione che è  anche una piccola chicca. È  quella che Giacomo Puccini suggerisce al proprio editore, Giulio Ricordi, datata 1895.

Carissimo Signor Giulio, riceverà un poco di fagiuoli; sono di quelli straordinari e si cuociono così: si mettono al fuoco in acqua fredda (l’acqua deve essere una dose giusta, né troppa né poca) devono bollire due ore a fuoco lento e quando sono cotti non deve restarci che tre o quattro cucchiai di brodo. Ergo, attenzione alla dose dell’acqua.

N.B. Quando si mettono al fuoco bisogna aggiungere quattro o cinque foglie di salvia, due o tre teste d’aglio intere, sale e pepe e quando sono (i fagiuoli) a mezza cottura metterci un poco d’olio a bollire insieme.

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