In una stradina del quartiere milanese noto come Chinatown, un po’ nascosto e defilato dietro ad un alto muro di mattoni rossi, un passante attento poteva scorgere un bel giardino ombroso. Una vite e degli ulivi. Si trattava di un ristorante. Il Pupurry.

Di questo luogo e della sua atmosfera d’antan mi sono innamorato subito. Ho iniziato a frequentarlo ogni volta che avevo voglia di mangiare bene e sentirmi a casa. Nel 2017 ne sono diventato socio. Da allora ho trascorso lì la maggior parte del mio tempo.

Pupurry Ristorante - Milano

Al Pupurry ho imparato a occuparmi un po’ di tutto, fornitori, dipendenti, clienti, l’allestimento della sala e della carta. E quando serve a portare i piatti a tavola. Purtroppo, non ho mai cucinato. Ho scoperto presto che un conto è essere dei discreti cuochi a casa per un gruppetto di amici, altra è predisporre la linea per decine e decine di clienti ogni giorno.

Negli anni siamo riusciti a recuperare alcune vecchie ricette, cercando di fare anche un po’ di innovazione, che è sempre stata la cifra di questa piccola locanda d’avanguardia: quando il ristorante si trovava in una vecchia cascina nella vicina via Canonica già si azzardavano abbinamenti inconsueti: il caffè al pepe nero, il cotechino con lo zabaione. E nella piccola vigna sul retro si produceva anche del vino.

Questa straordinaria avventura è terminata nel 2020: il Puppury non c’è più e al suo posto costruiranno un altro condominio, piuttosto anonimo ma che faranno pagare a peso d’oro. Non ho rimpianti, ho imparato a non averne. Tuttavia, quando passo da via Bertini un po’ di nostalgia mi prende.