Sono nato ad Ancona. Nonostante ci abbia vissuto molto poco alcuni legami “deboli” con la mia città non sono mai venuti meno. Quando la nostalgia si faceva sentire più forte la curavamo con i sapori.  Gli spaghetti al sugo coi “moscioli”, i cremini, le olive ascolane… Ma la gola non sente ragioni e su tutti la meglio l’avevano sempre i Vincisgrassi.

Nome inconsueto e misterioso (c’è  chi lo riconduce al Generale austriaco Windish Graetz, chi al significato di grasso dei Principi) che cela un’originale versione di un classico della cucina italiana, le lasagne. Si tratta di una ricetta antichissima che appare già nel 1779 in uno dei primi testi organici di cucina pubblicati in Italia, “Il cuoco maceratese” di Antonio Nebbia.

Sembra che il grande attore Orson Welles li adorasse. Li avrebbe gustati la prima volta nel 1953 proprio ad Ancona al ristorante “I tropici”. Lo scrittore e critico cinematografico Massimo Consorti ci racconta che Welles dopo averli provati ha le allucinazioni e vede prendere vita i personaggi dell’Otello. Chissà se dipendeva dal fatto che quel film lo ossessionava avendolo mandato sul lastrico e costretto a sbarcare il lunario adeguandosi a lavorare come attore a Cinecittà o dalla pesantezza di questo saporitissimo piatto marchigiano.

La versione più antica che si conosce dei Vincisgrassi è proprio quella del Nebbia. Con il tempo la ricetta originale è cambiata. Oggi si trovano generalmente con il sugo di pomodoro mentre sarebbero nati in bianco

Prendete una mezza libra de persciutto, facetelo a dadi piccoli, con quattr’once di tartufari fettati fini; da poi prendete una foglietta e mezza di latte, stemperatelo in una cazzarola con tre once di farina, mettelo in un fornello mettendoci del persciutto, e tartufari, maneggiando sempre fino a tanto che comincia a bollire, e deve bollire per mezz’ora; da poi vi metterete mezza libra di panna fresca, mescolando ogni cosa per farla unire insieme; da poi fate una perla di tagliolini con dentro due ovi e quattro rossi; stendetela non tanto fina e tagliatela ad uso di mostaccioli di Napoli, non tanto larghi; cuoceteli con la metà di brodo e la metà di acqua, aggiustati con sale; prendete il piatto che dovete mandare in tavola: potete fare intorno al detto piatto un bordo di pasta a frigè per ritenere in esso piatto la salsa, acciocché non dia fuori quando lo metterete nel forno, mentre gli va fatto prendere un poco di brulì; cotte che avrete le lasagne, cavatele ed incasciatele con formaggio parmiggiano e le andrete aggiustando nel piatto sopraddetto, con un solaro de salsa, butirro e formaggio e l’altro de lasagne slargate, e messe in piano, e così andrete facendo per fino che avrete terminato di empire detto piatto; sogna avvertire che al di sopra deve terminare la salsa con butirro e formaggio parmiggiano e terminato, mettetelo in forno per fargli fare il suo brulì. 

(Antonio Nebbia, Il Cuoco Maceratese)

3 thoughts on “Il piatto che a Orson Welles fece venire le allucinazioni”

  1. Interessante, ma che sono i tartufari?
    E il Ristorante I tropici, che mi ha fatto sognare da bambina ad Ancona , che è diventato? esiste sotto un altro nome ?
    Grazie per le vostre risposte, tornerò in Ancona dopo 50 anni, con mia figlia ormai adulta , il 23 agosto e sognavo di portarla a mangiare ai Tropici !

    1. Cara Paola purtroppo per qualche sconosciuto motivo questo messaggio non mi è stato girato sulla mail che utilizzo abitualmente e quindi è rimasto qui non letto. Spero sia stata bene ad Ancona (o in Ancona come dicono gli anconetani) dopo tanto tempo. Mio padre vive ancora lì ed è uno storico della città. Provo a informami e magari a darti aualche risposta anche se fuori tempo massimo. Grazie per l’interesse. Enrico

      1. Ciao Paola eccomi di nuovo a te con qualche informazione. I tropici si trovavano in una traversa di Piazza Cavour, via Simeoni. Ha chiuso tanti anni fa, ora al suo posto c’è un pub/pizzeria. Si chiama Donegal.
        Per quanto riguarda i tartufari si tratta semplicemente dei tartufi.

        Ciao

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